Stanislas de Guaita
(Tarquimpol, 6 aprile 1861 – Tarquimpol, 19 dicembre 1897)
E’ stato un esoterista e poeta francese di origini italiane.
La sua antica famiglia di origine italiana, che si era stabilita da lungo tempo nella Londra francese, era quella dei Marchesi di Guaita, tra i quali si annoverava un margravio nominato dallo stesso Federico Barbarossa.
Egli trascorse i primi anni della fanciullezza nella solitudine del castello d’Alteville. Ed è là che ritornerà a trascorrere le vacanze sia nel periodo liceale, sai negli anni successivi, quando lasciando Parigi ritrovava qui la nostalgia dei giorni passati dell’infanzia; e proprio in questo castello, dominante le livide, strane e desolate pianure lorenesi, morirà il 19 dicembre 1897, a soli 36 anni.
Frequentò il liceo Nancy, dove strinse legami di amicizia con Maurice Barrès. Lo stesso Barrès lo rappresentò sotto il nome di Saint-Philin, nell’opera Les Dèracinès, dicendo di lui:
Ci siamo amati e ci siamo influenzati reciprocamente , nell’età in cui si operano le prime libere scelte
Al liceo Nancy aveva sviluppato una naturale propensione verso le scienze con particolare riferimento alla chimica, interessi che verranno poi soppiantati da quelli per l’arte e poi per la metafisica e la magia.
Già in questi anni aveva scoperto assieme a Barrès quei poeti che lo influenzarono profondamente.
“Egli vibra sino a parossismo. Si esalta con tutto il fervore della sua giovinezza davanti allo splendore delle loro opere. Baudelaire soprattutto aveva il dono di immaginarlo in un oceano d’entusiasmo che lo faceva stare sveglio delle notti intere. Ma l’ammirazione passiva non bastava affatto al suo temperamento essenzialmente attivo. A questa comunione profonda con i più grandi poeti, che ai nostri giorni seppero unire nell’armonioso reticolo delle forme, lo spirito e la vita, mistero sublime, la sua anima, colpita dall’irradiarsi della loro gloria, trasalì, ed a sua volta, creò. Furono dapprima Les Oiseaux de Passage (gli uccelli migratori), poema edito da Berger – Levrault a Nancy nel 1881, ancora molto impregnato dei profumi dei maestri amati, che lasciavano poco spazio alla personalità nascente di Stanislas de Guaita, che non doveva manifestarsi veramente nella raccolta successiva La muse noire ( la Musa Nera), che procurò al suo autore parecchie critiche favorevoli”.
Riportiamo come esempio questo piccolo componimento, dove sembrano apparire già in nuce i temi che poi svilupperà nelle sue opere sull’occulto, quasi che il futuro gettasse all’indietro la sua ombra.
Il poemaHa conosciuto l’oblio delle antiche
torture:
Dove il suo cuore ha sanguinato la cicatrice si è seccata.
Al richiamo potente di due maghi,
La Gioventù e la Fede,-la vita ha riguadagnato
Il brandello del suo cuore risparmiato dal male.
Perché devi farlo, ahimè?Che a tutte le sofferenze.
Come un’aquila intrepida al chiaro del sole levante,
S’invola il suo desiderio credulo alle speranze?
Canta dei progetti,- e l’eco deludente
Riecheggia i suoi canti portati dal vento.
Vi supplicano senza tregua, illusioni care.
Di versare alle sete l’oro del vostro liquore,
Nel bosco dell’Amore effimero e beffardo,
Egli cerca dei cespugli pieni di spine fiorite
Per poter straziare il resto del suo cuore.
Poi nel 1885, pubblica Rosa Mystica, che viene considerata opera molto superiore alla precedente, ma questi versi saranno gli ultimi. Già nell’ottobre 1884, scrive a Barrès, di avere iniziato nell’estate a studiare la Cabala, e lo invita a leggere i libri di Eliphnas Lévi.
Da quel momento momento in poi de Guaita scopre la sua vera vocazione, e dedicherà il resto della sua breve ma intensissima vita di studioso, “All’analisi delle scienze maledette per liberare l’occultismo da tutte le mistificazioni”.
Nel 1886, in Au Seuil du Mystère ( Alla Soglia del Mistero ), dichiarò:
L’Alta magia non è affatto un compendio di divagazioni più o meno spiritiche, arbitrariamente imposte come dogma assoluto: è una sintesi globale (ipotetica e razionale) che si basa sul doppio fondamento dell’osservazione positiva e dell’induzione analogica.
La magia con il suo fascino, i suoi rituali, il suo simbolismo ed il cerimoniale, ne avevano catturato l’anima e l’immaginazione; era questa la Musa Nera che aveva invocato nelle poesie e che ora gli svelava l’arcano dei suoi segreti, gli schiudeva la propria visione, riflessa dai neri specchi infranti del tempo?
“Fece ben presto degli esperimenti, ai quali il suo temperamento si prestava stranamente, ma che è inutile riportare qui. Due volte pure, egli si eleva, tramite l’estasi, fino ai primi istanti della creazione, e gli venne mostrata l’origine del male. Egli sentì, nel primo giorno della Settimana Genesiaca, la parola separatrice che creò il Tartaro e vi percepì gli Angeli ribelli all’assimilazione dell’Aur, la luce…Con lo spirito ancora compenetrato da questa visione, tracciò il piano della sua opera futura, edificio di una architettura altera, che, sebbene incompiuta, sopravvisse al suo autore nella possente bellezza delle sue ammirevoli proporzioni. Egli voleva colpire il cuore il principio del male, tale quale si innalza, mostruoso, nel fondo del suo formidabile ricettacolo.
Come l’Apocalisse e numerose altre opere cabalistiche, il Serpente della Genesi è basato sulle ventidue chiavi del Tarocco, componendosi di tre settenari ed un prologo. Questo prologo, intitolato Au Seuil du Mystère, è, per dire, il pronao, l’atrio del tempio maledetto, e forma esso solo, un primo volume, un tutto completo. E’ un riassunto della tradizione occidentale, una breve analisi delle principali opere occulte, accompagnate da un’importante nota sugli adepti che le scrissero.
Benchè già notevolissima, non può essere comparata ai due settenari, Le Temple de Satan(il tempio di Satana ) e la Clef de la Magie Noire (La chiave della magia nera ) apparsi a sei anni di distanza, in due enormi in quarto, contenenti tutto ciò che può essere detto su questo temibile mistero; e per i quali il suo fedele amico Oswald Wirth disegna dei così straordinari pentacoli. E’ impossibile dare a coloro che non hanno letto queste opere, la minima idea dell’enorme lavoro che costarono all’autore. Letterati ed occultisti vi troveranno ampia messe da spigolare”.
“In Le Temple de Satan, il primo volume, attaccò violentemente la stregoneria, “ questa magia illusoria e contraffatta che gli ignoranti e gli invidiosi hanno troppo spesso confuso, involontariamente o deliberatamente con la santa Cabala “.
Osservando che Shatan, nei Numeri ha unicamente il significato di avverbio equivalente ad adversus latino, che significa contro, esclamò: ”Tu hai un’unica giustificazione , o principe delle Tenebre; il fatto che non esisti affatto ![…]. Non sei, perlomeno, un essere cosciente: negazione astratta dell’essere assoluto, tu hai come unica realtà psichica e volontaria quella che ti attribuisce ogni individuo perverso in cui ti incarni”. Egli mostrò, analizzando tutte le elaborazioni del satanismo antico e moderno, che solo gli idioti, i neuropatici o gli ignoranti che praticano la religione giudaico-cristiana con fanatismo e superstizione, credono al Diavolo, mentre il Serpente della Genesi per i veri iniziati è, innanzitutto , la Luce astrale, Aor , Nahash, “questo fluido” che governa implacabilmente gli istinti “ e, successivamente, l’egoismo primordiale”, causa del decadimento morale di Adamo e del Male metafisico .
Il secondo volume, La Clef de la Magie Noire (1897) che gli costò sette anni di lavoro, espone “l’intelligenza della natura” allo scopo di abolire il concetto di soprannaturale : “ il termine soprannaturale riferito a fenomeni naturali ci sembra altrettanto inadeguato e ridicolo di quanto lo sarebbe il vocabolo iperdivino , attribuito a essenze puramente spirituali”. Guaita descrive in quest’opera, con rigore e precisione scientifica, le forze invisibili che ci circondano, dalla Luce astrale, “ sostegno iperfisico dell’universo sensibile” fino agli Indigènes de l’astral“ queste larve in cui i cabalisti non vedono che involucri, gusci inconsistenti e vacui (cortices, Klifoth) che agiscono come “potenze di dissoluzione emanate da Hereb“. In realtà, la Luce astrale comprende in sé due correnti antitetiche: ”Questa immensità psico-fluida è mossa incessantemente da due agenti occulti, che governano le due correnti: una forza costruttiva (Herbes) e una forza espansiva (Ionah). La prima esplica un’azione costruttiva lungo la catena dei Tempi, la seconda si espande inondando le pianure dello Spazio“.
Quest’opera contiene un capitolo straordinario sulla morte, che ci permette di capire come Wirth abbia potuto definire il suo maestro “un platonico cabalista“. Guaita distingue nell’uomo quattro vite (la vita universale, la vita individuale, la vita cellulare, la vita chimica o atomistica) e definisce la morte come “la fiamma, l’irruzione del legame simpatico delle Vite”. I termini allucinanti con cui egli descrive “l’Odissea degli elementi che sopravvivono al corpo“, le aggressioni di cui sono vittime e opera dei Masikim (che sono i “vermi”, i corvi e le iene dell’invisibile”), il rifugio che l’anima trova infine nel regno Antictonio, terra spirituale, o fra gli “ospiti del cono d’ombra“, sono il frutto della mente di un pensatore nutrito dalla Cabala di Yishàq Luria, ma anche la straordinaria creazione di un poeta, dotato di un’altissima ispirazione“.
Per la ricchezza degli antichi autori citati, per la singolarità del tema, e per il carattere di indagine profondissima, su di un tema così oscuro ma tanto affascinante, La Clef de la Magie Noire, ha meritato questo giudizio: “fornisce una descrizione delle forze sataniche: leggendola, sembra di ritornare ai formulari di demonologia del Medioevo”.
Guaita non ebbe il tempo di completare il terzo volume “Le Problème du Mal” (il problema del male), che doveva esporre la sua cosmogonia e risolvere “l’enigma degli enigmi”: il Male. Ma le pagine straordinarie che ci sono pervenute, che affrontano il problema delle “ correnti fatali dell’istinto” e della “Caduta d’Adamo”, indicano chiaramente che egli intendeva studiare e analizzare in quest’opera il rapporto fra Adamo celestre (o macrocosmo) e l’Adamo terrestre (o microcosmo): ”Gli iniziati di tutti i santuari dell’esoterismo considerano la Caduta di Adamo (questo essere cosmogonico, qualunque sia il nome che gli è stato attribuito nei secoli) come la causa universale dell’involuzione”.
Aveva riunito una straordinaria collezione di testi occulti, di magia, alchimia, grimori, rari manoscritti miniati ed in folio a stampa, i quali costituivano una ineguagliabile biblioteca di 2227 opere, che decoravano interamente le stanze del suo studio, da terra sino al soffitto, libri che de Guaita consultava, ma anche utilizzava, riempiendo le pagine dei frontespizi con note e considerazioni.
Lavorava con e dentro i suoi libri. Ma aveva anche fama di essere uno stravagante, viveva in un appartamento tappezzato in cotone rosso, restandovi rinchiuso per molte settimane. Barrès dice:
“era un uomo con capelli e barba biondi, occhi azzurri, con mani straordinariamente belle”
Morì a trentasei anni, stroncato dalla morfina, usata per placare i dolori della malattia che lo avrebbe infine ucciso.
Alla sua morte, Maurice Barrès profondamente commosso, pronunciò sulla sua tomba, queste parole:
“io so che egli fu un filosofo, se, come credo,la filosofia si identifica con il sentimento e l’ossessione dell’universale nei confronti della vita, e con l’accettazione serena nei confronti della morte”
Josèphin Pèladan, giunto infine a riconciliarsi con il suo antico maestro, affermò come estremo omaggio:
“Alla rinascita delle scienze morte, la Tua personalità rimarrà inalterata e indimenticabile come la Tua opera; Tu fosti per tutti, il gentiluomo dell’Occulto… Io Ti venero”.
Cesare Falzoni
Fonti:
- Wikipedia
- Wikizionario
- Stanislas De Guaita – La chiave della Magia Nera (1897)- Rebis